13 settembre 2010
Transfer pricing. OCSE: documentando “il duol si disacerba”
A prescindere dalla metodologia adottata, il principio del valore normale presuppone (tanto in sede OCSE che a livello nazionale) una politica di transfer pricing supportata da evidenze formali che illustrino gli elementi cardine a riprova della correttezza dei prezzi praticati (cfr. Manuale del Transfer Pricing, di Piergiorgio Valente, 2009, http://www.piergiorgiovalente.it/tools/elenco/Pubblicazioni.asp?r=580&a=5631&s=9112&v=3859&t=16).
Ci si riferisce, in particolare, a tutti gli elementi in grado di supportare:
– la comparabilità delle transazioni oggetto di esame, adottate come parametro di riferimento per la determinazione del valore normale;
– l’analisi funzionale intesa come l’individuazione, la localizzazione e la valorizzazione delle funzioni svolte dalle varie entità del gruppo coinvolte nelle transazioni, in termini di assets utilizzati e rischi assunti.
In ambito nazionale non esiste una definizione degli elementi che determinano l’adeguatezza della documentazione. Vi sono, tuttavia diverse circolari che richiedono la stipula di dettagliati accordi scritti e l’effettuazione di un’analisi funzionale, evidenziando al contempo la necessità di ponderare ogni condizione contrattuale ed economica che possa influire sulla determinazione del prezzo di trasferimento. L’assenza di specifiche norme relative alla documentazione richiesta nella valutazione delle politiche di pricing, è compensata dalla disposizione generale contenuta nell’art. 32 del DPR 600/1973 che consente alle amministrazioni finanziarie di richiedere informazioni e documentazione, anche sotto forma di questionari, per accertare che i costi/le spese sostenute siano:
– inerenti al business,
– non arbitrarie,
– corrette.
Secondo il Rapporto OCSE, ogni contribuente deve cercare di determinare il proprio transfer pricing conformemente al principio di libera concorrenza e cioè in linea con il principio del valore normale. Ciò dimostra l’assoluta utilità di raccogliere, catalogare e conservare tutta la documentazione che attesti in modo chiaro gli obiettivi strategici perseguiti e soprattutto il “rationale” che ha portato alla formulazione della specifica strategia adottata.
Il valore della documentazione a supporto diventa cruciale di fronte a situazioni complesse e in evoluzione, quando, ad esempio, bisogna dimostrare che la logica adottata corrisponde a concrete esigenze imprenditoriali (sound business purpose) e rispetta il principio del valore normale (arm‘s length principle), ossia si sforza di riflettere le relazioni intrattenute dal gruppo nei confronti di terzi o rinvenibili tra terzi sul libero mercato (cfr. La documentazione in materia di transfer pricing, di Piergiorgio Valente, Il fisco n. 34/2010, http://www.piergiorgiovalente.it/tools/elenco/Pubblicazioni.asp?r=580&a=4820&s=7307&v=4015&t=16).
Viene, fra l’altro, affermato che, in particolari casi di transfer pricing, possono risultare utili le informazioni relative a ciascuna impresa associata coinvolta nelle transazioni controllate in esame quali:
- una descrizione dell’attività;
- la struttura dell’organizzazione;
- i rapporti di proprietà all’interno del gruppo multinazionale;
- l’entità delle vendite e i risultati operativi degli ultimi anni precedenti la transazione;
- il livello delle transazioni effettuate dal contribuente con l’impresa associata estera, ad esempio, l’entità delle vendite di scorte di magazzino, la prestazione dei servizi, l’affitto di beni materiali, l’uso e il trasferimento dei beni immateriali e gli interessi sui prestiti.
© Piergiorgio Valente
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