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Il Blog di Piergiorgio Valente

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Postilla » Fisco » Il Blog di Piergiorgio Valente » Commercio e fiscalità internazionale » Esterovestizione. “Sede di direzione effettiva” e “sede di direzione e coordinamento”: sotto il segno del pericolo

29 novembre 2010

Esterovestizione. “Sede di direzione effettiva” e “sede di direzione e coordinamento”: sotto il segno del pericolo

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In relazione ai concetti di “sede di direzione effettiva” (Modello di convenzione OCSE) e “sede di direzione e coordinamento” (art. 2497 c.c.), si riscontra – nell’ambito dei gruppi societari – un’area dai contorni indefiniti, nella quale non sempre risulta agevole delineare il confine dei comportamenti della controllante ai fini di una corretta imputazione degli stessi,

– come derivazione logica di una tutela dell’interesse del gruppo,

piuttosto che

– come prevaricazione delle regole fondamentali che tutelano l’autonomia giuridica nella gestione della società controllante.

I due concetti sopra richiamati si riferiscono ad attività affatto differenti sia dal punto di vista concettuale e giuridico (benché non perfettamente distinguibili e talora sovrapponibili sotto il profilo economico), in quanto l’attività di direzione e coordinamento, che si manifesta in direttive di indirizzo di tipo gestionale della controllante, è principalmente diretta a consentire e verificare che le società partecipate svolgano le specifiche funzioni imprenditoriali ad esse assegnate all’interno del gruppo in forma coordinata e, comunque, orientata al soddisfacimento degli obiettivi unitari del gruppo di appartenenza. Tale obiettivo, pertanto, legittima la sovraordinazione della controllante, fondata sulla concreta esplicazione ed esplicitazione di una pluralità di atti contraddistinti e fatti ispirati da volontà unitaria.

L’attività di direzione, per converso, rilevante ai fini dell’individuazione della sede dell’amministrazione e, dunque, della residenza fiscale della società partecipata, si estrinseca nella identificazione delle modalità imprenditoriali che consentono alle singole legal entities partecipate il conseguimento degli obiettivi strategici di più alto livello ad esse assegnati dalla società controllante e la realizzazione, in tal modo, del più ampio disegno imprenditoriale del gruppo di appartenenza (cfr. Esterovestizione e residenza, di Piergiorgio Valente, 2010).

In sostanza, i flussi strategici – espressione della gerarchia societaria e del coordinamento funzionale – discendenti dalla capogruppo alle controllate (processo cd. “top-down“), pur coinvolgendo ogni profilo della vita aziendale delle partecipate stesse, permeandone organizzazione e processi, non individuano, di per sé, alcuna sostituzione nell’esercizio dell’impresa sul territorio, ma esprimono unicamente il potere di direzione unitaria ed attestano l’esistenza di un rapporto di sovraordinazione (della controllante) e di subordinazione (della controllata).

In altri termini, l’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento attraverso uno o più atti di indirizzo strategico attesta la mera soggezione della partecipata alla propria capogruppo e connota uno stato di sottoordinazione degli interessi propri (della consociata) a vantaggio del gruppo nella sua globalità. Pertanto, tale forma di “eterodirezione” (ben individuata e diversa, in termini giuridici, dall’attività di direzione operativa) non può – di per sé – configurare in modo alcuno ipotesi di “esterovestizione” (cfr. Esterovestizione ed eterodirezione: equilibri(smi) tra la sede di coordinamento e direzione, direzione unitaria e sede di direzione effettiva, di Piergiorgio Valente, Rivista di Diritto Tributario, n. 4/2010).

Invero, nei rapporti infragruppo l’esterovestizione richiede, in sintesi, un quid pluris in termini di:

  • assenza di radicamento della direzione operativa (i.e., dell’impulso imprenditoriale) nel territorio dello Stato ove la società partecipata è localizzata; e/o
  • avocazione (usurpazione) alla controllante delle funzioni operative in precedenza assegnate, nell’economia del gruppo d’imprese, alla partecipata;
  • compressione forzosa da parte della controllante di prerogative sovrane della società partecipata.

Ne deriva che, per poter ipotizzare fenomeni di esterovestizione di società partecipate localizzate all’estero, occorre verificare nei fatti la sussistenza di un rapporto di dominazione, in forza del quale la controllante, mediante trasferimento (rectius, usurpazione) dell’impulso imprenditoriale, rende “acefala” la consociata, la quale, consapevolmente privata di prerogative sovrane e stabilmente oggetto di asservimento, rinuncia a decidere sulla propria operatività.

 © Piergiorgio Valente
p.valente@gebnetwork.it
www.gebpartners.it

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