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Il Blog di Piergiorgio Valente

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Postilla » Fisco » Il Blog di Piergiorgio Valente » Commercio e fiscalità internazionale » Paradisi fiscali. “AAA. Cammello nano cerca cruna taglia small”

28 febbraio 2011

Paradisi fiscali. “AAA. Cammello nano cerca cruna taglia small”

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Il giro di denaro non dichiarato dei paradisi fiscali produce conseguenze negative non solo per le economie dei Paesi ricchi, ma anche – e soprattutto – per quelle dei Paesi poveri e/o in via di sviluppo.

Con riferimento a questi ultimi, tali conseguenze si riflettono principalmente nella perdita di entrate fiscali, il cui ammontare supera di gran lunga quello degli aiuti allo sviluppo erogati dai Paesi più ricchi e dalle organizzazioni internazionali.

Sebbene risulti non agevole effettuare stime rigorose, alcuni dati – rilevati a livello internazionale e sovranazionale – consentono comunque di cogliere la dimensione del fenomeno. E le cifre sono impressionanti!

Nel dettaglio: 

1.      Secondo la Banca Mondiale, nel 2007, l’ammontare complessivo dei capitali in fuga dai Paesi in via di sviluppo ammonta a circa 539-829 miliardi di dollari. Di questi, circa 456-506 miliardi di dollari rappresentano il risultato di un “corporate behaviour” finalizzato all’evasione fiscale (cfr. quanto riportato dal The United Nations Non-Governmental Liaison Service in http://www.un-ngls.org/cfr_article.php3?id_article=723).

I dati forniti dalla Banca Mondiale sono accolti, oltre che dalle Nazioni Unite, anche dall’OCSE, la quale rileva che, nonostante risulti difficile stabilire quanto, del suindicato ammontare, sia da attribuire all’evasione fiscale, la perdita di gettito fiscale che ne consegue supera di gran lunga l’ammontare del “global bilateral development aid” erogato e il “national income” di molti Paesi poveri, complessivamente considerati (cfr. Why tax matters for development, di Jeffrey Owens e Richard Parry, giugno 2009, in http://www.oecdobserver.org/news/fullstory.php/aid/2943/). 

2.      Secondo il Rapporto del 2009 della Commissione governativa norvegese, “Tax Havens and Development“, i flussi di denaro dai Paesi in via di sviluppo, nel 2006 ammontano a circa 641-979 miliardi di dollari, una cifra pari a sette volte quella erogata a titolo di aiuti allo sviluppo. I dati rilevati dalla Commissione governativa norvegese sono riportati dalla Commissione europea nella comunicazione “Tax and Development Cooperating with Developing Countries on Promoting Good Governance in Tax Matters” del 21 aprile 2010 (cfr. http://ec.europa.eu/development/icenter/repository/COMM_COM_2010_0163_TAX_DEVELOPMENT_EN.PDF). 

3.      Secondo Oxfam International (http://www.oxfam.org/about), il costo dei suindicati flussi di denaro per i Paesi del Sud del mondo ammonta a 50-70 miliardi di dollari (cfr. Tax Havens: Releasing the Hidden Billions for Poverty Eradication, di Oxfam International, 2000, http://www.taxjustice.net/cms/upload/pdf/oxfam_paper_-_final_version__06_00.pdf). Più di recente, l’organizzazione ha calcolato che sono necessari 100 miliardi di dollari l’anno in aiuti straordinari per conseguire gli obiettivi del Millennio per lo sviluppo, decisi dalle Nazioni Unite con l’intento di dimezzare la povertà entro il 2015 (cfr. Crise de crédibilité: Alimentation, pauvreté et changement climatique: un programme pour les dirigeants des pays riches, di Oxfam International, 2008, http://www.oxfamfrance.org/Crise-de-credibilite-Alimentation,290).

Per ogni euro di aiuto allo sviluppo versato al continente africano, circa cinque euro provenienti dal continente finiscono su conti offshore. 

4.      La perdita di entrate fiscali per i Paesi più poveri ammonta complessivamente a 100 miliardi di dollari l’anno: i redditi (non dichiarati) di persone fisiche e persone giuridiche sono “responsabili” per 50 miliardi ciascuno (cfr. http://www.taxjustice.net/cms/front_content.php?idcat=103).

Per i Paesi del Sud del mondo, la perdita in entrate fiscali da economia sommersa è stata stimata in 285 miliardi di dollari. In molti casi, tale economia si caratterizza quale “economia di sussistenza“; in molti altri casi si tratta di attività economiche condotte dalle imprese in “maniera fraudolenta“. Secondo una stima prudenziale si potrebbero recuperare 110 miliardi di dollari l’anno sul totale delle entrate fiscali che “sfuggono” alle casse statali per effetto dell’economia sommersa (cfr. “I paradisi fiscali“, della Fondazione Culturale Responsabilità Etica Onlus, http://www.valori.it/_modules/download/download/Documenti/Capire%20la%20finanza/Scheda_ParadisiFiscali_0210.pdf). 

5.      Per quanto riguarda la fuga di capitali, una ricerca del 2005 fornisce un dato aggregato per i Paesi del Sud del mondo compreso tra 539 e 829 miliardi di dollari l’anno.

Una stima del cd. “tax gap” ovvero della differenza tra le entrate fiscali previste e quelle effettive è piuttosto difficile da effettuare. Una ricerca del 2007 indica in 385 miliardi di dollari la perdita di entrate fiscali per i Paesi del Sud del mondo: essa è legata all’evasione fiscale delle imprese e delle persone fisiche (cfr. “I paradisi fiscali“, della Fondazione Culturale Responsabilità Etica Onlus, http://www.valori.it/_modules/download/download/Documenti/Capire%20la%20finanza/Scheda_ParadisiFiscali_0210.pdf). 

6.      Delle conseguenze del giro di denaro non dichiarato dei paradisi fiscali per i Paesi in via di sviluppo si è occupata anche la Piattaforma dei Paradisi Fiscali e Giudiziari (che raggruppa 13 tra ONG e associazioni) con le Raccomandazioni del 2008 (cfr. http://survie.org/IMG/pdf_Raccomandazioni.pdf). Si legge nelle Raccomandazioni che il 50% dei flussi finanziari internazionali transita per i paradisi fiscali e giudiziari; si tratta di capitali leciti e illeciti che costituiscono una “vera e propria emorragia finanziaria” per le economie dei Paesi in via di sviluppo.

La fuga di capitali “non è cosa nuova“: secondo le Nazioni Unite (ONU), nei Paesi africani, nel periodo 1960-1990 l’entità di tale fenomeno ammontava al doppio del debito del continente: 400 miliardi di dollari a fronte di un debito pari a 215 miliardi di dollari. Tra il 1991 e il 2004, la fuga di capitali si attestava su una media annuale di 13 miliardi di dollari, ossia circa il 7% del PIL annuo del continente.

Nelle Raccomandazioni si rileva che l’opacità dei paradisi fiscali e giudiziari non permette di disporre di dati precisi; secondo alcune stime, i soli flussi illeciti che dai Paesi del Sud del mondo “migrano” verso i paradisi fiscali e giudiziari oscillano tra 500 e 800 miliardi di dollari. Tali flussi includono il denaro derivante dalla criminalità, dalla corruzione e dalla frode fiscale.

 

© Piergiorgio Valente

p.valente@gebnetwork.it

www.gebpartners.it

 

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