1 febbraio 2012
Financial Transaction Tax. Attrazione fatale: la sabbia di Tobin nella gravità di Newton (scritto con il Prof. Francesco Arcucci)
Se dal punto di vista fiscale l’imposta sulle transazioni finanziarie (Financial Transaction Tax – FTT – o Tobin Tax) potrebbe avere il pregio di assicurare ai Governi europei un gettito di circa 50 miliardi di euro all’anno – somma che potrebbe andare ad alimentare il bilancio UE che è molto ridotto, visto che è pari a meno dell’1% del PIL dell’Unione europea, oppure direttamente l’ESM (European Stability Mechanism) – dal punto di vista finanziario il suo effetto sarebbe quello di ampliare il divario fra “denaro e lettera” nelle transazioni finanziarie. Tale divario (cd. spread) è una misura dell’efficienza dei mercati: quando è ridotto i mercati sono efficienti, quando aumenta l’efficienza del mercato si riduce e quindi si riduce altresì la liquidità del medesimo, a tutto danno dell’investitore.
La liquidità dei mercati, infatti, che si può definire come la possibilità per l’operatore di acquistare o vendere anche rilevanti quantità di strumenti finanziari senza determinare, per perciò stesso, una variazione nei prezzi, è un bene preziosissimo.
Se la legge di gravità scoperta da Newton governa l’universo, il mercato funziona, in un certo senso, come l’universo dove al posto della gravità vi è una mano invisibile che gestisce le vicende economiche. Se, vale a dire, l’universo si autoregola attraverso le leggi della fisica meccanica di Newton, anche il mercato si comporta in maniera analoga, con la domanda e l’offerta che reagiscono e si adattano continuamente l’una all’altra.
La Tobin Tax, “gettando sabbia” negli ingranaggi del mercato finanziario finisce per creare più distorsioni di quelle che vuole curare e, riducendo la liquidità dei mercati, aumenta e non riduce (come ritengono,
invece, le istituzioni comunitarie) il rischio di nuove crisi. In sostanza, l’imposta presenta vantaggi e svantaggi; questi ultimi, però, superano i primi.
La stessa Commissione europea ammette che sia probabile una “caduta” dello 0,5% del PIL come effetto dell’introduzione della Tobin Tax ed è convinta che questa imposta sia realizzabile solo se applicata ovunque (cfr. http://piergiorgiovalente.postilla.it/2012/01/11/financial-transaction-tax-tobin-tax-all%e2%80%99europea-mostro-di-loch-ness-o-araba-fenice/;
http://piergiorgiovalente.postilla.it/2011/08/23/financial-transaction-tax-pro-e-contro-secondo-la-commissione-europea/).
Dal momento che da parte dei Paesi anglosassoni (in primis il Regno Unito), l’imposta non verrà mai accettata, le attuali, accese discussioni sulla Tobin Tax potrebbero risultare inutili (come i giochi di società destinati a passar di moda).
Tale dibattito, piuttosto che “gettare sabbia” negli ingranaggi del mercato finanziario potrebbe finire solamente per “gettare fumo” negli occhi dell’opinione pubblica, mediante esercitazioni infruttuose.
Ad ogni modo, la Presidenza danese dell’UE intende tenere, nei prossimi mesi, alcuni incontri in materia. L’obiettivo è di predisporre un Report da sottoporre all’attenzione dell’ECOFIN di fine giugno 2012. Il Regno Unito, dichiaratamente a sfavore dell’imposta, parteciperà alle riunioni e, senz’altro, manifesterà e farà valere la sua opposizione.
Al momento non vi sono rilevanti discussioni di carattere tecnico. La “partita si gioca” essenzialmente sul piano strettamente politico.
Un aspetto oggetto di discussione nei prossimi mesi potrebbe riguardare la possibilità di introdurre la FTT soltanto a livello dei Paesi dell’area Euro (con Francia e Germania in primis). A tal proposito, si potrebbe
valutare la possibilità di ricorrere al meccanismo della cooperazione cd. rafforzata, prevista dal Trattato: la FTT potrebbe essere introdotta con il consenso di 9 Stati membri solamente. La disponibilità di questi ultimi a ricorrere al menzionato strumento rimane, però, ancora da verificare.
È scarsa la letteratura sull’esperienza internazionale in materia di financial transaction taxes.
Oltre al Regno Unito, che già applicava un’imposta sulle transazioni e che ha successivamente eliminato, rileva l’esperienza della Svezia. La 50-basis-point tax, introdotta nel 1984, è stata raddoppiata nel 1986 per essere poi eliminata definitivamente nel 1991. L’imposta svedese si è rivelata alquanto deludente quale revenue source ed ha presentato altresì una serie di effetti negativi, tra cui la contrazione del volume degli scambi commerciali e la riduzione delle entrate da capital gains (http://publications.gc.ca/Collection-R/LoPBdP/BP/bp419-e.htm).
Se l’introduzione della Financial Transaction Tax avesse, a livello comunitario, le medesime conseguenze che l’analoga imposta ha prodotto in Svezia, l’Europa finirebbe per subire un danno più grave del male che intende curare.
© Piergiorgio Valente/Francesco Arcucci
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