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Postilla » Fisco » Il Blog di Piergiorgio Valente » Commercio e fiscalità internazionale » Esterovestizione. Per la residenza fiscale in Italia conta la sede di direzione effettiva

31 gennaio 2013

Esterovestizione. Per la residenza fiscale in Italia conta la sede di direzione effettiva

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La Commissione Tributaria Provinciale di Treviso, con la sentenza n. 91/02/2012 del 9 ottobre 2012, ha precisato che la sede di direzione effettiva è il criterio per stabilire l’effettiva residenza fiscale di una società, sottolineando come l’onere della prova gravi esclusivamente sull’Amministrazione finanziaria nel caso in cui non siano ravvisabili i presupposti della presunzione di residenza di cui all’art. 73, comma 5-bis del TUIR (cfr. http://piergiorgiovalente.postilla.it/2010/12/09/esterovestizione-verifica-fiscale-senza-geometria-variabile/; http://piergiorgiovalente.postilla.it/2010/11/29/esterovestizione-%e2%80%9csede-di-direzione-effettiva%e2%80%9d-e-%e2%80%9csede-di-direzione-e-coordinamento%e2%80%9d-sotto-il-segno-del-pericolo/).

Nel caso di specie, una società di diritto slovacco, controllata da una società a responsabilità limitata italiana, ha ricevuto avvisi di accertamento relativi ai periodi di imposta 2005, 2006 e 2007 in materia di imposte sul reddito (IReS), in relazione all’applicazione della presunzione di residenza prevista dall’art. 73, comma 5-bis del TUIR.

Tale disposizione considera esistente nel territorio dello Stato, salvo prova contraria, la sede dell’amministrazione di società ed enti non residenti che detengano partecipazioni dirette di controllo in società ed enti residenti, qualora lo stesso soggetto estero sia a sua volta alternativamente controllato, anche indirettamente, da società ovvero enti residenti nel territorio dello Stato ai sensi dell’art. 2359, comma 1 c.c., o amministrato da un consiglio di amministrazione (o altro organo di gestione) composto in prevalenza da consiglieri residenti nel territorio dello Stato.

L’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che il potere decisionale relativo all’attività svolta dalla società slovacca è da considerarsi in capo agli amministratori della società italiana. A supporto di tale tesi, l’Amministrazione finanziaria ha evidenziato la coincidenza tra la compagine societaria dell’impresa italiana e quella della società controllata slovacca, oggetto di verifica. La società ricorrente ha contestato sia l’esistenza in Italia del “potere decisionale”, sia l’applicabilità al caso di specie della presunzione di residenza prevista dall’art. 73, comma 5-bis del TUIR, in quanto la società di diritto slovacco non controlla alcun soggetto fiscalmente residente in Italia.

I giudici di primo grado hanno accolto il ricorso proposto dalla società slovacca in quanto, in sede di verifica fiscale, la Guardia di Finanza ha sostenuto che “sulla scorta delle indagini svolte anche a livello internazionale (…) la sede della direzione effettiva era nella Repubblica slovacca, a prescindere dal luogo dove gli amministratori risiedono”.

Inoltre, la Commissione Tributaria Provinciale di Treviso ha accolto la tesi della società ricorrente, evidenziando che la presunzione di residenza prevista dall’art. 73, comma 5-bis del TUIR non è applicabile al caso di specie, in quanto la società slovacca non controlla alcuna società di diritto italiano.

Nel mese di giugno del 2009, l’Associazione Italiana dei Dottori Commercialisti di Milano (AIDC) ha trasmesso alla Commissione europea una denuncia finalizzata a far dichiarare contraria ai principi sanciti dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), in materia di libertà di stabilimento, la norma interna riguardante il tema della “esterovestizione” di società comunitarie e, in particolare, l’art. 73, commi 5-bis, ter e quater, del TUIR.

A seguito di richiesta da parte della Commissione europea, l’Agenzia delle Entrate ha specificato espressamente (protocollo Agenzia delle Entrate n. 2010/39678 del 19 marzo 2010 e n. 2010/157346 del 20 dicembre 2010) che la presunzione contenuta nell’art. 73, commi 5-bis, ter e quater del TUIR facilita il compito del verificatore nell’accertamento degli elementi di fatto per la determinazione della residenza effettiva della società, “(…) ma non lo esonera dal provare in concreto l’effettività dell’esterovestizione (…)”. Secondo la stessa Agenzia, “(…) le norme richiamate non operano mai isolatamente, ma costituiscono solo il punto di partenza per una verifica più ampia, da effettuarsi in contraddittorio con l’amministrazione finanziaria, sull’intensità del legame tra la società e lo Stato estero e tra la medesima società e l’Italia”.

Per approfondimenti cfr. “Esterovestizione e residenza”, di Piergiorgio Valente, IPSOA, 2013.

© Piergiorgio Valente
p.valente@gebnetwork.it
www.gebpartners.it

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