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Postilla » Fisco » Il Blog di Piergiorgio Valente » Commercio e fiscalità internazionale » Esterovestizione. Residenza e “abuso del diritto di stabilimento” nella giurisprudenza della Corte di Cassazione

25 febbraio 2013

Esterovestizione. Residenza e “abuso del diritto di stabilimento” nella giurisprudenza della Corte di Cassazione

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Con sentenza del 17 ottobre 2012, depositata in cancelleria in data 7 febbraio 2013, la Corte di Cassazione, Sez. tributaria, interviene sul tema dell’“esterovestizione” e dell’“abuso del diritto di stabilimento” già oggetto di intervento da parte della Corte di Giustizia delle Comunità europee.

La sentenza è stata emessa su ricorso dell’Agenzia delle Entrate avverso la decisione della Commissione tributaria regionale della Lombardia, pronunciata a favore della società CIN S.A., società lussemburghese di partecipazione finanziaria. Secondo l’Agenza delle Entrate, la suindicata società, sebbene abbia sede legale in Lussemburgo, è da considerarsi fiscalmente residente in Italia, dove si individua la sua sede di direzione effettiva, vale a dire il luogo in cui viene svolta l’attività di amministrazione e direzione dell’impresa.

A supporto delle proprie argomentazioni, l’Agenzia delle Entrate deduce le seguenti circostanze di fatto:

  • la società Candy Elettrodomestici Srl, detentrice del 99.9% del capitale della società CIN S.A., è stabilita in Italia;
  • in Italia risiedono due dei tre membri del consiglio di amministrazione;
  • le “decisioni di rilievo” vengono adottate in occasione di riunioni tenutesi in Italia.

La Corte di Cassazione rileva innanzitutto che per “esterovestizione” si intende “la fittizia localizzazione della residenza fiscale di una società all’estero, in particolare, in un Paese con un trattamento fiscale più vantaggioso di quello nazionale, allo scopo, ovviamente di sottrarsi al più gravoso regime nazionale”.

Secondo la Corte di Cassazione, l’“esterovestizione” rientra nel più ampio concetto di “abuso del diritto” il cui divieto assurge a principio generale nel diritto tributario europeo. Sulla questione della localizzazione all’estero della residenza fiscale di una persona giuridica è intervenuta la Corte di Giustizia delle Comunità europee con la sentenza Cadbury Schweppes del 12 settembre 2006 (C-196/04), la quale, con riferimento alla libertà di stabilimento sancita dal Trattato, ha affermato che la “circostanza che una società sia stata creata in uno Stato membro per fruire di una legislazione più vantaggiosa non costituisce per se stessa un abuso di tale libertà; tuttavia, una misura nazionale che restringe la libertà di stabilimento è ammessa se concerne specificamente le costruzioni di puro artificio finalizzate ad eludere la normativa dello Stato membro interessato”.

Precisa la Corte di Cassazione che ai fini della configurazione di un “abuso del diritto di stabilimento”, è necessario accertare non tanto la sussistenza o meno di ragioni economiche diverse da quelle relative alla convenienza fiscale, bensì se l’operazione posta in essere è “meramente artificiosa”, in quanto fa riferimento ad una “forma giuridica che non riproduce una corrispondente e genuina realtà economica”.

Ai fini dell’individuazione della sede dell’attività economica di una società rilevano fattori quali la sede statutaria, il luogo dell’amministrazione centrale, il luogo di riunione dei dirigenti societari e quello, abitualmente identico, in cui si adotta la politica generale della società. Possono essere inoltre presi in considerazione elementi quali il domicilio dei principali dirigenti, il luogo di riunione delle assemblee generali, di tenuta dei documenti amministrativi e contabili e di svolgimento della maggior parte delle attività finanziarie, in particolare quelle bancarie.

Secondo la Corte di Cassazione, la Commissione tributaria regionale della Lombardia non ha disatteso i suindicati principi. La Suprema Corte statuisce che in particolare la parte finale della motivazione della decisione del giudice di appello – “dove si afferma che «secondo il criterio generale, la sede legale-amministrativa della CIN non è in Italia e, pertanto, decade ogni criterio sussidiario» – non può che essere interpretata (…) nel senso che la sede effettiva della società («la sede amministrativa») coincide con quella legale lussemburghese (oltre che con il luogo dell’oggetto principale dell’attività, che l’Ufficio non ha mai contestato che sia in Lussemburgo), con ciò escludendosi la configurabilità in concreto della residenza fiscale in Italia (…) e quindi l’ipotesi della esterovestizione”.

Sulla giurisprudenza italiana in tema di esterovestizione cfr. il post Esterovestizione per la residenza fiscake in Italia conta la sede di direzione effettiva . Per approfondimenti cfr. “Esterovestizione e residenza”, di Piergiorgio Valente, IPSOA, 2013.

Piergiorgio Valente
p.valente@gebnetwork.it
www.gebpartners.it

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